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domenica 22 gennaio 2012

13. Roma - Putignano in bici. La cucina di Penelope

Castello di Venosa. Fonte: barcameniamoci.it

Ero approdata a Venosa sotto lo sguardo minaccioso di un cielo che almeno fino al giorno prima aveva dimostrato di volermi bene, ma che quel giorno lasciava intendere che non mi avrebbe concesso ancora molto tempo prima di sfogare le sue ire. Erano passate da poco le 14 e la ricerca di un tetto si era fatta prioritaria. Chiesi a un paio di vecchietti intenti ad essiccarsi su una panchina se conoscevano un affittacamere, ma seppero solo indicarmi l’ufficio della Pro Loco, chiuso fino alle 16. D’altro canto i segnali inequivocabili che mi lanciava lo stomaco si erano fatti quanto mai pressanti; decisi allora di placare la fame prima di tutto il resto, trasferendo il peso di un intero melone dal portapacchi alla pancia e traendone una soddisfazione indescrivibile.

Appagata la fame, tornai presto sui pedali a gironzolare qua e là, ma sempre con l’occhio vigile alla “casomai passi qualcuno affidabile a cui chiedere informazioni”, una tattica che dall’inizio del viaggio mi era tornata utile per risolvere i problemi logistici. E la soluzione quella volta mi venne addirittura incontro in bicicletta. Assomigliava a Penelope Cruz, ma era un poco meglio. Stava rodando una vecchia bici da passeggio, rimessa a nuovo, che aveva appena comprato. La fermai per chiederle se conosceva un affittacamere, un bed & breakfast, o un agriturismo a prezzi abbordabili. Poggiò il piedino per terra. Sbaglio o uscì un raggio di sole?

- Sì, ci sono un paio di bed & breakfast, uno è un po’ più economico, la Domus Aurea, è a due passi da qui, devi vedere se ha disponibilità, altrimenti c’è anche un agriturismo, ma è decisamente più caro. Non ho il numero però… Magari se hai un istante te lo cerco… Vieni con me!

Aveva lavorato alcuni mesi alla Pro Loco. Studiava Conservazione dei Beni Culturali. Seguii la sua chioma al vento che pedalava tra le candide viuzze del paese vecchio. Abitava la seconda a destra poi subito a sinistra e di nuovo destra e poi sinistra dietro l’angolo scendi la rampa svolti sempre a sinistra ti si apre una piazzetta al di là di un cortiletto con un vecchio tavolo di legno e una panca dietro una porticina a piano terra c’è l’appartamentino che condivideva col suo ragazzo che al momento non era in casa. C’era poca luce, ma il legno scuro dei mobili e gli accenti mediterranei di stoffe e oggetti mi accolsero con tutto il loro calore quando feci capolino. Penelope si fiondò su Google a cercare i numeri che mi aveva promesso e li trovò prima che riuscissi a finire di riassumerle, comprimendo emozioni e gesti, i recenti episodi della mia vita all’insegna di pedali, carte, asfalto, sudore, sole, posti mai visti, persone mai viste, pensieri mai visti e non riassumibili.

Contattai subito la Domus Aurea: mi rispose una voce femminile che mi confermò di avere giusto una camera disponibile. Nel tempo che la donna impiegò per abbandonare quello che stava facendo e portarmi le chiavi della camera, ringraziai e dissi addio alla bella Penelope, confidando che, se non io, magari il futuro avrebbe pareggiato i conti tra noi. Pochi isolati più in là, feci giusto in tempo a prendere possesso della camera e ad entrarvi fisicamente con bici e bagagli che venne giù il diluvio.

Il rumore della pioggia si confuse con quello della doccia. Parte della stanchezza che avevo addosso scivolò nello scarico con l’acqua, andando a raggiungere da qualche parte il suolo e ad unirsi alla stanchezza cosmica che con l’acqua veniva giù dal cielo. Beatitudine.

Poi il rumore dell’asciugacapelli mi riportò in una dimensione più terrena. Accesi la televisione e istintivamente andai a sdraiarmi sul letto col telecomando e… sprofondai. Sprofondai non nel sonno, ma nel materasso più sfondato che la mia aristocratica schiena avesse mai visto. Per darvi l’idea, il grado di curvatura che il corpo assumeva per la cedevolezza del materasso non era molto diverso dallo stare seduti. Ma che cavolo! Non pretendevo il lusso che, allo stesso prezzo, avevo avuto la fortuna di godere nelle due notti precedenti nella Domus Traiani a Benevento e nel Rooms a Lioni, ma almeno un materasso degno di essere definito tale forse avrei potuto pretenderlo da un posto che pretendeva di chiamarsi niente meno che Domus Aurea! Del resto ormai che potevo fare? Nerone avrebbe dato fuoco al materasso e al resto degli arredi. Io, invece, che da qualche parte avevo un po’ di spirito di adattamento, lo tirai fuori non senza una certa soddisfazione e voltai pagina. Appena smise di piovere, scesi a fare una passeggiata per scoprire il paese e magari risolvere la cena comprando della focaccia e del prosciutto per un rassicurante pic-nic in camera.

Il pic-nic andò alla grande, ma la notte fu un vero disastro: il materasso sfondato si rivelò sopportabile non oltre le ore 2, dopo di ché ripiegai su una superficie più comoda come il pavimento, dove completai il sonno in maniera apparentemente poco dignitosa e alquanto turbolenta, ma per lo meno accettabile per la mia schiena. Mi misi in piedi prima che la sveglia suonasse, quando l’orologio con mio infinito sollievo si avvicinò alle 5:20. È vai! È finita! A posteriori penso che forse fu colpa proprio del materasso della Domus Aurea se la mattina del 22 luglio 2010 riprendendo il viaggio e pensando alla notte che mi aspettava, iniziai a vagheggiare il letto di casa.



Campagna di Spinazzola. Fonte: Barcameniamoci.it

Il confine con la Puglia era lì, subito dopo Palazzo San Gervasio, a due pedalate da Venosa, e una volta passata dall’altra parte fu un po’ come aver messo già un piede dentro casa. Avevo già pedalato nell’Alta Murgia tra il 1998 e il 1999, quando emulavo Giuseppe Saronni.

Giuseppe Saronni. Fonte: Google immagini

Facevamo lunghe uscite in gruppi multicolori di corridori amatoriali di Gioia del Colle e dintorni. La mia prima Atala, colore giallo fosforescente e nero, aveva le gabbiette sui pedali e le leve del cambio sul telaio e pesava uno sproposito, quanto tutta la mia buona volontà di diventare una ciclista seria. In quelle prime pedalate, da un lato prime lezioni sul concetto di “limite”, ma dall’altro anche prime occasioni d’evasione dalla “norma-lità”, non mi ero mai spinta oltre Gravina, ma, come ebbi modo di constatare, da Gravina fino a Spinazzola il paesaggio non cambia molto: non ci sono che interminabili rettilinei assolati, fiancheggiati da steppe bruciate. La campagna ai piedi del Parco Nazionale dell’Alta Murgia a fine luglio è monotona. È dominata dal giallo e nero a perdita d’occhio e il massimo di diversità rintracciabile è il giallo tendente al marrone, mentre il nero c’era dappertutto tranne che sull’asfalto, dove un po’ d’ombra non ci sarebbe stata male. Poi c’erano pochissime macchine, ma sfrecciavano senza pudore. Infine c’era il vento contrario, che sui lunghi rettilinei è in grado di trasformare uno dei gesti più piacevoli del mondo come girare i pedali in qualcosa che assomiglia al martirio.

Paesaggio di Altamura. Fonte: Google immagini

In qualche modo, comunque, arrivai ad Altamura. Era ora di pranzo e decisi di cercare un posto ombreggiato dove fermarmi a mangiare. Chiesi informazioni a un passante:

-    Scusi saprebbe indicarmi dov’è la villa?
-    Quale? Ce ne sono due.

Amico, ti sembro per caso una del posto?! e che ne so? pensai, ma risposi ben più pacatamente:
-    Ah beh…non saprei…la più vicina magari.

Mi indirizzò verso quella che, più che una villa, era una piazza alberata, ma mi convinsi che doveva essere la numero due. Magari un giorno sarei tornata per scoprire le bellezze della numero uno, che quel giorno mi venivano negate per ragioni logistiche.

Per tutto il tempo che pisolai all’ombra su una panchina, feci solo una conoscenza, ma fu decisiva: era un vecchietto sdentato di ottant’anni. Quel piccolo uomo rinsecchito non batté ciglio sentendo che venivo in bici da Roma e andavo a Putignano. “Hai fatto l’Appia” mi disse, con una naturalezza sconvolgente. Bravo! Finalmente uno che sapeva, non strabuzzava gli occhi, non spalancava la bocca! Per lunghi tratti avevo percorso l’Appia o quel che ne rimane…certo la situazione viaria si è incasinata parecchio nel tempo.

Dopo l'iniziale entusiasmo però, il fatto che la mia storia suonasse normale alle orecchie di un quasi matusalemme e solo a quelle, rivelò i suoi risvolti depressivi. “Quando ero giovane, la facevo sempre la strada da Altamura a Putignano in bicicletta”, aggiunse. Ora non più, chiaramente, e non c’era nessun altro a farla al posto suo. Io stessa non ero che di passaggio. Il mio viaggio, una parentesi. A Roma sarei tornata in poche ore di treno. Così, sotto il fardello del tempo che passa e si porta via il meglio di noi, come individui e come specie, iniziai a sentirmi stanca e anche un po' depressa. Mi piombò addosso la nostalgia di tempi andati che non avevo conosciuto (se non forse, in piccola scala, nelle avventure dell’infanzia) in cui non si aveva quasi niente, a parte una vita semplice e la capacità di spostarsi con la sola potenza muscolare, eppure si sapeva essere felici. Quella inutile nostalgia, oltre a oscurare la vera realtà di quei tempi andati (e quell'infanzia), che non erano stati nemmeno quelli tutto rose e fiori come mi piaceva in quel momento pensare, mi portò a scartare la deviazione per Matera e a desiderare di arrivare al più presto alla meta. Ah, rivedere quell’altra Penelope, mia madre, che aspettava il mio ritorno da tempo immemore, cuocendo e ricuocendo fave e cicorie! Non bramavo altro.

Feci tutta una tirata da Altamura a Putignano (passando per Santeramo in Colle e Gioia del Colle) e, quando arrivai, si chiuse il cerchio e tutto sembrò come prima. Come se niente fosse successo. Le uniche prove di quello che avevo vissuto me le portavo dentro: i ricordi, il dolore al ginocchio. Sapevo che quelle prove non sarebbero durate. Forse queste parole sì.



Data: 22/07/2010
Tappa 7a: Venosa (Pz) - Putignano (Ba)
Km percorsi: 136,80
Ora partenza/arrivo: 6:50 / 19:30
Budget: 4.60
Itinerario: Venosa – SP 10 – Palazzo San Gervasio – SP 232 – Spinazzola – SP 230 – Gravina in Puglia – SS 96 – Altamura – SP 235 – Santeramo in Colle – SP 235 – Gioia del Colle – SP 106 – Putignano.


Tutto è bene quel che comincia e ricomincia!



Roma, Basilica di S. Giovanni: dove tutto era iniziato. Foto by S.C.

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