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giovedì 15 settembre 2011

Basta traffico: al lavoro ci vado in bici!


Non è un chiodo fisso.
Paranoia già si avvicina di più.

Spegni il motore e accendi la vitalità. Vivi in città? Per i piccoli spostamenti urbani, come per le grandi traversate nelle ore di punta per andare a lavoro, la bicicletta può sorprendentemente rivelarsi il mezzo di trasporto ottimale (forse non per tutti, ma per più di quanti oggi la utilizzano). È il risultato di 14 anni di sperimentazione fatta sulla mia pelle di cittadina di Roma, durante i quali posso vantare di aver cambiato 12 case, 2 università, se conto bene 6 lavori e provato tra le suddette destinazioni tutte le possibili diverse combinazioni di mobilità via terra (più abbordabili dal punto di vista pratico rispetto alla via aerea e a quella acquatica): piedi, bici, autobus, autobus + metro, autobus + metro + treno, macchina, macchina + metro, macchina + autobus, scooter. Ma non la penso solo io così: un paio di giorni fa l’European Cyclists’ Federation ha sottoscritto un accordo con i principali industriali della bici nel mondo, con l'obiettivo di raccogliere un milione di euro per promuovere l’uso della bicicletta in Europa e triplicare entro il 2020 il numero degli europei che useranno la bici nei loro spostamenti.

Fonte: Getty Images

Perché la bici può essere il mezzo di trasporto ottimale, anche su distanze insospettabili (entro certi limiti)?

Non siete stufi del servizio pubblico, di essere passivi, di annoiarvi, di aspettare impotenti, di viaggiare scomodi, di morire dal caldo, di avere la tosse ad agosto, di non sapere a che ora arrivate, di pagare per essere passivi, impotenti, scomodi e via dicendo? No? Buon per voi. Sì? Per questo avete comprato una bella automobile? Ma allora non siete stanchi di restare intrappolati nel traffico, di continuare ad annoiarvi, di soffrire di mal di schiena, di pagare la palestra per rimediare ai rotoli e all'appiattimento dei glutei, di non sapere mai a che ora arriverete alla meta, di fumare più di quanto vorreste, di mangiare male? No? Contenta per voi. Sì? Per questo avete comprato il motorino? Buona idea: arriverete alla meta prima di me, se ci arriverete. Il problema è che nel mio attuale tragitto casa-lavoro (circa 14 km solo andata) ne vedo almeno uno al giorno steso lungo sull’asfalto. Un bollettino di guerra. A Roma i ciclomotori sono mine vaganti.

Invece, già a breve termine, l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto ha una caterva di vantaggi, praticamente immediati, che persino chi non fa salti di gioia all’idea di pedalare non può non riconoscere: migliora l’umore, rilassa le tensioni, dona lucidità, fluidifica i pensieri, stimola la riflessione e la creatività, è economico, non c’è bollo o costo carburante, brucia i grassi e fa risparmiare i soldi del dietologo, dello psicologo, del cardiologo e del gastroenterologo, assolve dai piccoli peccati di gola e regolarizza l’appetito, permette di essere sempre in orario perché il tempo di percorrenza è solo marginalmente influenzato dal traffico, fa viaggiare l’immaginazione, vi permette di aprirvi al mondo, di guardarvi intorno, di parlare con chi vi pare, di cantare nel vento, di godervi il silenzio, di farvi catturare da qualcosa di piccolo, di andare piano, di fermarvi, di correre. Sta a voi.

A medio termine muoversi in bici non solo per sport consolida il buon umore, l’ottimismo, l’autostima, la flessibilità, migliora la forma fisica, la salute e la lucidità mentale, allena la pazienza, la tolleranza, il rispetto, l’assertività, la concentrazione, alimenta la forza di volontà, combatte la pigrizia, l’inedia, la stanchezza (oggi spesso più presunta che reale), dona una sana stanchezza fisica e migliora il sonno.

A lungo termine la bici rinforza, rinvigorisce, mantiene giovani più a lungo, ma che dico mantiene bambini per sempre, ha un potente effetto antigravitazionale sui glutei in particolare e su tutto il corpo in generale, mette realmente in contatto con ciò che ci circonda, essendo silenziosa e lenta facilita lo scambio verbale e non ci si sente mai soli o isolati, anzi prima o poi capita di incrociare il/la ciclista della propria vita e, visto che va piano, non può sfuggire.

Senza parlare dei vantaggi per tutta la collettività, quando si diventa in tanti: crollo dell’inquinamento, del rumore, del traffico, dello stress, della rabbia sociale, dell’intolleranza, della bile, degli impulsi assassini (non ne sono certa) e impennata della qualità della vita, della prestanza fisica media e del valore della socialità.

Coppi si rinfresca. Fonte: Google immagini

Ma come si risolvono i non pochi svantaggi dell’uso della bicicletta come mezzo di trasporto nella vita di tutti i giorni? (L'elenco degli svantaggi, al pari di quello dei vantaggi, non pretende di essere esaustivo, ma solo esemplificativo.)

Prendiamo il sudore: anche chi suda come un turco non deve necessariamente rinunciare a priori alla bici. Le soluzioni al problema sono molteplici: lavarsi bene sia prima di uscire sia appena giunti a destinazione aiuta non poco; per sudare il meno possibile bisogna vestirsi a cipolla, in modo adeguato al ritmo di pedalata che si intende sostenere e alla temperatura esterna (consultate le previsioni). Proteggete il petto in discesa e le estremità se fa freddo; che sia leggera e comoda la copertura della gambe. Pedalare scalda parecchio, quindi, quando uscite di casa, dovete sentire almeno freddino. Mediamente non è impossibile, né particolarmente complicato, portare con sé del vestiario di ricambio (arrotolate i capi per non farli sgualcire troppo).

Contro la pioggia si può usare abbigliamento impermeabile (giacca e pantalone o poncho) e prevedere un cambio di vestiario giunti a destinazione, fermo restando che optare per l’alternativa motorizzata in caso di diluvio (soprattutto se non ve la sentite di pedalare quasi alla cieca) non fa male a nessuno. Personalmente, essendo miope, tendo a lasciare a casa la bici con l’acqua torrenziale, almeno finché non avrò messo a punto i tergicristalli per occhiali.

Ma se devo trasportare delle cose/persone? Se si tratta di ingombri di dimensioni normali (gavetta col pranzo, cambio vestiario, libri, figlioletto etc.) un buon portapacchi, delle borse da bici, un seggiolino, il tandem, o la bici cargo, possono risolvere il problema. Optare per l’alternativa motorizzata in caso di ingombri speciali e più di un passeggero da trasportare non fa male a nessuno.

La femminilità va necessariamente a farsi friggere? Tutt'altro! Chi non ama i pantaloni, chi non ha la fortuna di poterli indossare sul posto di lavoro o chi non vuole rinunciare alle proprie armi di seduzione (più che comprensibile) può optare per soluzioni (peraltro all’ultima moda) come pantagonne e pantaloncini, o prevedere il solito cambio tecnico del vestiario: pedalare in tailleur e tacco 12 è comunque possibile almeno su alcune bici (non sulla mia mtb a tubo orizzontale, cavolo non ci avevo pensato) ma non è il massimo della comodità. Si può comunque provare e valutare la soluzione che convince di più. Siate creative fanciulle!

Fonte: Google immagini

L’ostacolo pigrizia va combattuto solo all’inizio (è dura lo riconosco) e ovviamente nella stagione avversa, ma con l’allenamento ad un certo punto scompare del tutto. Se così non fosse, comunque, di tanto in tanto, arrendersi alla pigrizia e motorizzarsi non ha mai nuociuto a nessuno.

Ma come la mettiamo con le salite? Sfatiamo un falso mito: a Roma le salite non ci sono. Le avete viste? Vi siete ingannati. Ok, forse una o due a voler essere pignoli ci sono, ma non di più. Siete i fortunati che si devono sciroppare le uniche due salite di Roma? È comprensibile che ogni tanto vogliate motorizzarvi. Per tutti gli altri non ci sono scuse. Quelle che vengono a torto ritenute e ri-temute salite sono in realtà brevi “strappetti” che può affrontare senza il minimo problema chiunque abbia smesso di piangere se vede la mamma con in mano una supposta. È sufficiente impostare il cambio su un rapporto agile e in casi estremi alzarsi in piedi sui pedali. Male che vada si può scendere e condurre la bici a piedi. È solo questione di allenamento: dopo le primissime uscite, sarete presto in grado di affrontare qualunque pendenza e lo farete automaticamente. Potrete dunque continuare a preoccuparvi unicamente dei problemi seri del pedalare in città, tipo non farsi investire dalle macchine e non diventare il birillo verso cui corre lanciatissimo lo scooter-palla da booling, guidato dal quindicenne che sta pensando al goal di Totti, quindi figuriamoci se concepisce l’esistenza di un puntino giallo quasi immobile che è ad un tratto comparso nel suo campo visivo.

Fonte: Google immagini

I ladri di biciclette vanno fronteggiati con tutti i mezzi possibili. Pensavate non esistessero più? Sbagliato: sono vivi e vegeti e rompono le scatole non poco. Portate con voi catene con lucchetti per assicurare il telaio, ma anche le ruote e il sellino se forniti di sgancio rapido. Parcheggiate in posti sicuri (cercate di immaginare dove il ladro potrebbe non riuscire ad agire del tutto indisturbato) e sperate che basti. E che la fortuna sia con voi.

Che lo smog sia un problema per il ciclista più che per i conducenti di altri veicoli è tutto da dimostrare. Se al semaforo rosso il marmittone della moto vi arriva in bocca come un sigaro, potete chiedere con gentilezza al centauro di farvi passare avanti e di sicuro non ve lo negherà. A patto di mantenere una distanza dignitosa dal tubo di scappamento, quindi, i fumi danneggiano il ciclista non più dell’automobilista (lo smog si concentra nell’abitacolo a livelli paurosi), del motociclista (credete che sotto il casco i fumi non si concentrino?) e del pedone (che muovendosi più lentamente resta intrappolato più a lungo nelle nuvole da partenza al semaforo).

Fonte: Google immagini

Ma veniamo al dunque. Se siete arrivati a leggere fin qui, anche (grasso che cola) saltando di grassetto in grassetto, può significare o che state aspettando che si asciughi lo smalto sulle unghie, oppure che non escludete del tutto l’ipotesi di prendere anche voi la bici per andare a lavoro. Allora per far cadere anche gli ultimi dubbi, vi invito a leggere le brevi linee guida che ho messo a punto in esclusiva per voi e salire in sella al più presto. Fatemi sapere!

Come andare a lavoro in bici in 3 step

1) Avere il mezzo 
Mettete a punto la meccanica della vostra bici, se ne avete già una che non usate da tempo, oppure procuratevene una. Fate in modo che la misura del telaio si adatti bene alle proporzioni del vostro corpo: la posizione non deve comportare fatica, tensioni e nulla che sia di impedimento al vostro unico e semplicissimo obiettivo che è produrre il massimo spostamento in avanti col minimo sforzo. Non è necessario spendere un capitale; l’usato a parità di prezzo vi permette spesso di ambire a una qualità migliore. Guardatevi da chi vuole ammollarvi delle patacche. Se non siete esperti è d’obbligo farsi consigliare da una persona di fiducia (in questo blog o altrove).

2) Avere la testa (le gambe vanno a ruota)
Le gambe gireranno per inerzia, ma certo solo quando avrete acquistato una certa esperienza. Quindi soprattutto all’inizio dovrete impegnarvi un po’ di più, ma vi assicuro che ne sarete presto ampiamente ripagati. Iniziate con gradualità: fate ogni giorno spostamenti a corto raggio da casa, aumentate a poco a poco la distanza, il sabato e la domenica, inizialmente sulle piste ciclabili, poi anche su strada. È importante prendere confidenza sia col mezzo (che deve diventare un tutt’uno col vostro corpo) sia con la strada (la bici permette un controllo a 360° dello spazio che vi circonda, sfruttate appieno questa facoltà, non ingessate collo e spalle); concentratevi al massimo sulla guida penserete alle farfalle quando scenderete dai pedali: gli attimi di distrazione sono chiaramente inevitabili, ma vanno limitati al massimo perché possono costare decisamente cari. Massima prudenza in ogni circostanza è la regola d’oro.

Spesso mi viene chiesto perché non uso il casco. I motivi sono tanti: il principale è che ritengo che il gioco non valga la candela, ovvero non è detto che mi salvi la vita, come non l'ha salvata ad una cara amica morta una decina d'anni fa sulla via Pontina. Un secondo motivo è che sapermi senza il casco mi induce a guidare con maggiore prudenza. E speriamo mi vada sempre bene. Un terzo motivo è che adoro il vento nei capelli. Poi resta il fatto che non vige alcun obbligo legale verso tale utilizzo. Per approfondimenti sul tema vi propongo questo: http://www.fiab-onlus.it/download/Posizione_CNfiab_casco.pdf

3) Strada facendo, affinare la tecnica e divertirsi 
Pian pianino si impara e si possono scoprire tante cose: che la sella non è una sedia; che la forza, la coordinazione e il controllo partono dai piedi (provate a padalare a piedi nudi con dei sandali che abbiano un buon grip sulla suola e ditemi se non è tutta un’altra cosa); che pedalate come respirate; che non occorre spingere sui pedali perché vanno giù con la gravità, ma sollevare le ginocchia; che il vento sulla faccia è meraviglioso; che la maggior parte degli automobilisti sono disposti a concedervi la precedenza quando vi spetta, ma addirittura che non sono pochi gli automobilisti che consci della disparità di mezzi, almeno in alcuni casi, vi agevolano; che qualcuno vi ammira; che qualcuno vi prende in giro; che anche la stessa strada è sempre diversa; che è bello cambiare strada; che non c'è limite alle cose che si possono scoprire.

Che aspettate?

Voglio vedere in prima fila tutti i corridori professionisti e amatori e, a ruota, tutti gli altri :-D

7 commenti:

  1. A mio modesto parere soltanto tre categorie di persone scelgono liberamente di utilizzare la bicicletta come mezzo di locomozione in città:

    - gli eroi: convinti sostenitori di battaglie ecologiste, assertori di una società più sostenibile e più sana. Costoro, novelli Don Chisciotte, affrontano con nonchalance le minacce dei SUVvisti (cheLoComproPerchéViaggioPiùSicuro) e dei loro camion camuffati da auto, degli aspiranti Schumacher alla guida di auto sportive modello tamarro con luci stroboscopiche incorporate, delle mamme in bmw che vanno di fretta perché il bimbo esce da scuola/palestra/piscina/lezioni di piano. Gli eroi sono consapevoli del rischio che corrono, sanno che ogni tanto qualcuno di loro ci lascia le penne, ma sanno anche che le loro gesta saranno ricordate con un monumento estemporaneo, che sarà ovviamente rimosso, con solerte prontezza, dai Vigili Urbani;

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  2. - Gli incoscienti: gente che non si rende conto del pericolo che corre. Scorgi questa tipologia di persone sulle superstrade a scorrimento veloce. Gli incoscienti non pedalano mai da soli, di solito viaggiano in compagnia dell'intera famiglia. Questo genere di ciclista è riconoscibile dalla pedalata incerta e ondeggiante e dallo sguardo distratto. I loro occhi sono intenti a seguire con maggiore attenzione la biciclettina rosa della figlioletta, i cui capelli sono finemente ornati con immancabile fiocchettino, naturalmente rosa anch'esso, piuttosto che la strada e le auto che, a ogni sorpasso, rischiano di spazzare per sempre tutto il loro codice genetico. Gli incoscienti viaggiano a mo’ di carovana, una ruota più indietro di solito si trova la consorte di lui, con il suo bel cappello antisole, intenta a chiedersi: "ma chi me l'ha fatto fare? Così neanche mi abbronzo". Spesso si tratta di turisti giunti in città con il camper, convinti magari di trovarsi in una di quelle cittadine dove tutti girano in bicicletta ma che, più verosimilmente, si ritroveranno invece a pedalare in una giungla d'asfalto, oppure, grazie al consiglio di una guida turistica poco aggiornata, finiranno su una pista ciclabile chiusa al traffico.....! Infine, la terza tipologia:

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  3. - lo squattrinato, di solito giovane studente universitario in trasferta. L'unico mezzo di locomozione che consente a quest'uomo, dalle tasche piene d'aria, spostamenti abbastanza rapidi e, soprattutto, a costo zero, è una vecchia bicicletta, magari rimediata per pochi soldi dal rigattiere al mercatino dell'usato. Lo squattrinato sa di rischiare la vita ogni giorno, ma sa che se vuole andare a casa della compagna d'università a "studiare" non ha altra possibilità se non quella di pedalare. A vent'anni si è pieni d'ideali (e di ormoni), ecco perché lo squattrinato, statene certi, finirà sempre per stabilire che la cultura vale comunque tanto rischio e tanta fatica.
    In una di queste categorie dovrei rientrare anch'io, che non sono (del tutto) incosciente e tantomeno ho voglia di fare l'eroe, eppure la bicicletta la uso lo stesso. Questo dovrebbe costringermi a creare una quarta categoria, ma in fondo cosa importa, basta con queste mode web 2.0 delle classifiche, delle categorie, delle cose che "SI" e delle cose che "NO", ribelliamoci al sistema....ed evitiamo ulteriori sforzi mentali.

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  4. Ebbene si, uso la bicicletta, mi piace fare lunghi viaggio, come ho già reso mia testimonianza in questo sinpatico blog ma ogni volta che la prendo in mano e mi accingo a compiere le prime pedalate vengo colto da una terribile ansia. Vi assicuro, non è facile bruciare al semaforo le auto che attendono il verde. Il problema è che se tu non bruci loro, saranno loro a bruciare te, sorpassandoti da destra, da sinistra e, quando va male, anche da sopra.
    L'altra temutissima insidia, orrore di tutti i ciclisti, è il vicolo. Avete presente? Parlo di quelle vie strette, con auto parcheggiate da entrambi i lati, in cui le auto passano a stento. Provate ad immaginare la scena: alla testa del gruppo voi e la vostra mountain bike, dietro di voi una lunga fila di auto.
    Il problema è che non siamo al Giro d'Italia, voi non siete la maglia rosa, e quelle auto non si trovano dietro di voi per riprendervi o per cambiarvi la ruota in caso di guasto, sono invece una frotta di automobilisti decisamente spazientiti e pronti a maledirvi per ogni singolo minuto che farete perdere loro.
    A volte, per rischiare una brutta fine, non c'è nemmeno bisogno di una fila di automobilisti, basta che dietro la vostra bici si ritrovi il proprietario di un SUV.

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  5. Si sa, i SUVvisti hanno fretta per definizione. Queste auto(?) sono generalmente possedute da gente con i soldi, uomini d'affari, persone che non hanno tempo da perdere e quindi non hanno nemmeno il tempo di andare in bicicletta. Il verbo pedalare lo usano soltanto per minacciare gli operai meno lesti.
    Così, quando un SUVvista capita nella spiacevole situazione di dover rallentare la sua corsa a causa di un'utilitaria o, peggio, di un ciclista, ecco che questi impegnatissimi uomini d'affari sono costretti a ricordare, coaudiuvati da abbaglianti, clacson, accellerate e sgommate, che "loro lavorano" e non possono perdere tempo con i "lenti" e gli "sfigati".

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  6. Il problema è che quando ti ritrovi in una strada stretta, con auto parcheggiate a destra ed a sinistra e senza alcuna via di fuga, non hai la possibilità di "far passare" chi ti sta dietro, quindi l'omino seduto sulla sua altissima pesantissima fottutissima SUV, auto tra l'altro discretamente ingombrante, sarà costretto, tuo malgrado, a rimanere dietro.
    Per fortuna dove abito ora non esistono queste cose…La città più ciclistica e ad Oslo… è bellissimo andare in bici…il RISPETTO sopra a TUTTO! Ricordati...Casco sempre in testa!
    Bir tebrik ve tatlı bir düşünce

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  7. Innanzitutto grazie del prezioso contributo: molto stimolante :-) Forse un po' ardito (ma e' un complimento) il tentativo di sintetizzare in poche pennellate la grande varieta' di tipi che (chi per un motivo chi per l'altro) si ritrovano in sella a un velocipede. E come non essere d'accordo con te sotto una marea di punti di vista? Ma, partendo da un esame di coscienza (e io in che categoria mi colloco?) non posso non riconoscere che in ogni ciclista (come del resto in ogni autista di SUV o di qualsiasi altro veicolo a motore, insomma in ogni essere umano) possa esserci sempre un pizzico di eroismo, un pizzico di incoscienza e un pizzico di necessita' a fare di lui il ciclista (o suvvista etc.) che e'.

    In fondo, forse, un modo per definire i ciclisti, senza appiattire o ridurre la varietà che li caratterizza, ma senza rinunciare al bisogno della nostra mente di ordinare e categorizzare la realtà che ci circonda, è questo: spiriti romantici.

    Che siano degli atleti degni di imprese memorabili. Che siano dei panzettari barcollanti. Che siano dei morti di fame che hanno solo quella. Tutti i ciclisti sono (dalla nascita) degli inguaribili romantici. Siete d'accordo?

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