...affacciarsi, imporsi, rubare tempo al resto, realizzarsi, farsi racconto, trovare un confronto, maturare, riprodursi come conigli, o essere accantonate, farsi da parte, fare posto a nuove idee in attesa di...

Il blog di Bio è su BlogItalia.it

BlogItalia - La directory italiana dei blog

venerdì 29 luglio 2011

11. Roma - Putignano in bici. Scene di savana irpina


Giovedì scorso pedalavo verso casa da lavoro quando, accecata dal sole, mi piantavo dritto in fronte un ramo sporgente sulla carreggiata. Cavolo Franci, vuoi stare più attenta? Nulla di serio, comunque: la testa è dura, il colpo non era di taglio e il dolore si è dissolto in pochi minuti. Il ramo incriminato è stato potato un paio di giorni (e chissà quante testate) dopo.
La strada è piena di sorprese, due occhi non bastano per mettersi a riparo dagli imprevisti, si sa. Ma forse non tutti sanno che c'è chi pedala senza averne nemmeno uno di occhi ed è in grado di farlo autonomamente se non ci sono ostacoli, o in tandem ovunque e comunque; e se vi sembra cosa da poco perché alla guida c'è un vedente, provate voi a farvi lanciare in discesa con curve a 50 e più km all'ora con gli occhi bendati, o ad arrampicarvi in salita senza la ricompensa di un panorama e poi ne parliamo.
Dedico allora con profondo senso di solidarietà il racconto di questa quinta tappa di viaggio, dal Sannio all'Irpinia con "Gran Premio della Montagna" a Frigento (911 m s.l.m.), al mio nuovo amico Mario e a tutti i futuri amici come lui, ciclo-maniaci come tanti altri, amanti dei lunghi itinerari in bici come sempre più persone, ma con qualcosa che li rende assolutamente speciali: non vedono. 

...

Comunque la si voglia vedere, pedalare in salita è un'esperienza appagante come poche e con infiniti effetti diretti e collaterali. Descrivere tutto quello che si prova in poche ore di salita richiederebbe un paio di trattati, tanti e variegati sono gli aspetti indagabili, ma per amore di sintesi li ridurrò a tre. 

1) La salita dura acceca: a parte il sudore negli occhi, a cui si può facilmente ovviare tamponandolo (ma siccome il fazzoletto pulito non sempre è a portata di mano, sciacquare con acqua resta la soluzione ottimale), il fatto inesorabile è che lo sguardo si sposta "dentro", perché lo sforzo richiede il massimo della concentrazione. In tal caso, trovo sempre utile far girare nella testa un buon pezzo musicale, che dia il giusto ritmo ai gesti, o corteggiare qualche nuova idea stuzzicandola quanto basta per allentare le tensioni, che sono sempre pronte a comparire. È utile impegnare la mente in modo che intralci il meno possibile il lavoro del corpo che, come sempre, sa il fatto suo e, se c'è da salire, in un modo o nell'altro sale. Il corpo non offre resistenza alla necessità; la mente spesso cede alla tentazione di mollare. 

2) La salita dura rende inguardabili, se ci si attiene ai canoni formali della bellezza femminile, eredità materna che ancora oscillo tra il prendere con le molle e il rifiutare di sana pianta: la chioma si dimette da strumento di seduzione e si raccoglie in un caotico accrocco inzuppato; le rughe in faccia fanno a gara a chi esprime meglio lo sforzo; il fiato si fa corto e la bocca si spalanca a divorare aria, quando va bene, per non parlare della lingua penzoloni nei casi estremi; l'intero volto è sconvenientemente sfigurato in una maschera paonazza che quanto tempo impiegherà ad esplodere lo capisci dal rilievo delle vene; la pelle intanto si imperla, essuda, trasuda, gronda liquidi salini, in un crescendo di pathos che si conclude col sospirato "è fatta!" nell'istante magico dello scollinamento.
 
3) La salita dura rende mirabili, invece, sotto tutti gli altri punti di vista. È uno spettacolo sempre irresistibile, comico o tragico che sia, e che non lascia mai indifferenti i nostri simili. Questi, nella quasi totalità dei casi, complici i neuroni-specchio, vengono spinti a mettere in atto una qualche forma di comunicazione, dalla tacita approvazione all'aperta incitazione. La gamma di queste espressioni è quanto mai vasta: si va dal garbato "ah però!", già più audace in alcune sue declinazioni regionali come "anvedi oh!" o nella versione internazionale "mamma mia!", al colpetto di clacson, alla vigorosa strombazzata, fino al complimento urlato dal marciapiede o dal finestrino. Il destinatario di tali messaggi può essere, a seconda dei casi, ora il gesto atletico di per sé, ora l'apparato motorio che lo produce, ora il... gluteo, il muscolo più amato dai bipedi sapienti di genere maschile dacché ebbero invaso le terre emerse. E come negare la bellezza di siffatta porzione anatomica, a patto che faccia parte di un contesto non meno interessante!

Ma detto l'essenziale sulla mia visione delle salite e chiarita la mia posizione in materia di natiche, veniamo rapidamente, come promesso, alla cronaca dei fatti così come ebbero luogo all'incirca un anno fa.

Ero partita da Benevento al canto del gallo con la prospettiva di arrivare a metà giornata almeno in cima al Passo di Mirabella e invece andò meglio di quanto avessi sperato. Dopo che il panoramico saliscendi dell'Appia mi portò ai piedi dell'abitato di Calore (frazione di Mirabella Eclano), invece che aggirare l'ostacolo con un percorso meno ripido, scelsi di mettere subito alla prova le gambe cimentandomi nella scalata alla breve rampa-killer nel centro della piccola frazione: la bevvi tutta d'un fiato e quasi senza accorgermene, come sotto l'effetto di una droga, mi ritrovai a scalare di seguito il Passo di Mirabella. Allora: quello che posso dire è che di duro è duro, ma, se ci si prepara al peggio e si stringono i denti, risulta meno lungo di quanto ci si aspetta. Raggiunsi lo scollinamento in ottime condizioni e con un senso di soddisfazione esagerato (nemmeno avessi fatto il Mortirolo). Mi fermai alcuni istanti in un bar, giusto il tempo di decidere la strada da fare. Ancora una volta mi feci guidare da un gentile signore del posto, che, mi invitò a nozze proponendomi un percorso poco trafficato e molto panoramico, in cui mi aspettavano ancora un'altra decina di km di salita e poi, dopo Frigento, solo un lungo riposante scivolo fino alla valle dell'Ofanto, dove avrei potuto fare tappa in un piccolo centro dell'Irpinia dal nome quanto mai curioso: Lioni.


Vi giunsi intorno a mezzogiorno e mezzo e nel giro di un'oretta decisi di fermarmi lì, sia perché i vecchietti sulle panchine si erano messi d'accordo per convincermi che avrei incontrato difficoltà nel trovare un posto per dormire avanzando di un'altra decina di km lungo l'Ofanto, sia perché avevo già il contatto di un affittacamere preso al volo per strada, passando nella zona industriale-commerciale, il Rooms. Non esitai a chiamarlo quando il B&B sito in centro mi comunicò il tutto esaurito. Mi accordai telefonicamente sul prezzo (spuntai 28 euro) e sul fatto che sarei entrata in possesso della camera alle 17:30.

info

Il Rooms: immaginate un moderno parallelepipedo, legittimo orgoglio del suo architetto, svettante nel nulla. Come avrei scoperto di lì a poche ore, si trattava di un posto tanto insulso dall'esterno, perché totalmente avulso da un contesto, quanto superbamente raffinato ed elegante all'interno, nuovissimo ed arredato all'ultimo grido in puro stile "business travelling solutions".

In attesa dell'ora X, ingannai il tempo su una delle quattro panchine ombreggiate, che si trovavano ai piedi del piazzale "piastra di cottura" di S. Rocco. Mangiai il melone che avevo comprato a Frigento e mi annoiai beatamente assieme a un campione di pensionati e sfaccendati del posto. C'era anche un'enigmatica signorina che, congedandosi intorno alle 16, mi confidò di essere rimasta tutto quel tempo con me solo per proteggermi dai suddetti sfaccendati del posto. Lo trovai tenero che si fosse preoccupata di impedire che, restando sola, potessi essere in qualche modo traviata da insospettabili malintenzionati e la ringraziai.
A pomeriggio inoltrato ci fu una sorta di turnover generazionale, con un rimarchevole abbassamento dell'età media degli sfaccendati locali che vennero ad annoiarsi su una delle quattro panchine all'ombra del paese.

S. Rocco (Lioni) e il suo "funzionale" piazzale: dunque i piazzali "piastra di cottura" non li fanno solo a Putignano!
Una delle nuove conoscenze, un diffidente cinquantenne che non mi rivelò mai il suo vero nome e tentò di nascondersi dietro il più banale degli pseudonimi (Mario, Mario Rossi. Piacere!), aveva intenzione di andare a comprare il treccione dall'azienda agricola Carrafone, a suo dire il miglior caseifico della zona. Non potevo non chiedergli di portare anche me. Mister prudenza, non senza esitazioni, alla fine accettò di iniziarmi alle delizie dei latticini locali: sarebbe passato a prendermi al Rooms alle 18, poiché il posto si trovava in aperta campagna ed era necessario andarci in macchina. La mia agenda si infittiva di impegni.

Tra una chiacchiera e l'altra giunsero le 17. Giusto prima di montare in sella diretta alla conquista della mia camera, comparve tra le panchine, oltre a un paio di efebici ragazzi che non si interessarono a me, un ragazzone tutto pepe di nome Gianluca, spigliato e curioso, con un cappello sulle ventitré e nulla di meglio da fare che accompagnarmi in bici al Rooms, sorbirsi prima l'alluvione dei resoconti delle mie avventure, poi, dopo avermi strappato la promessa di rivederci dopocena per un gelato, beccarsi il diluvio vero e proprio ritornando a casa, con tanto di grandine e apertura delle cateratte celesti. Cotanta abnegazione avrebbe destato sospetti in chiunque, ma non nella sottoscritta: la gita al caseificio sotto il nubifragio, l'eleganza della mia nuova camera, il piacere della doccia e la cena-degustazione in camera, mi distolsero dalle vocine nella testa che dicevano:
Te dico che ce sta a provà! 
Ma nooo...
Ma sì!
Ha vent'anni, è solo socievole e curioso. La situazione è assolutamente sotto controllo.


Infatti Gianluca passò a prendermi al Rooms alle 21 sulla sua Mini nuova fiammante (rossa? argento? boh!), mi portò a S. Angelo dei Lombardi per un piacevole gelato, mi riportò puntualmente indietro. Domattina mi alzo alle 5:30 non posso far tardi.


Ecco la mappa del percorso e i dettagli tecnici.

Percorso della 5a tappa Benevento - Lioni

Data: 20/07/2010
Tappa 5a: Benevento - Lioni (Av)
Km percorsi: 70,73
Ora partenza/arrivo: 6:15 / 12:30 
Budget: 35.60
Itinerario: da Benevento si prende l'Appia (SS n.7) – si sale fino a San Giorgio del Sannio – saliscendi fino a Calore (frazione di Mirabella Eclano, Av) – rampa di 100 m nel centro abitato di Calore – salitone del Passo di Mirabella (frazione di Mirabella Eclano) SS n.303 (dir. Gesualdo) ancora tutta salita fino a Frigento (Av) inizia la lunga discesa al bivio di Guardia de' Lombardi prendere SS n.425 che si innesta con la SS n.400 in località Fontana Retitto  Lioni

3 commenti:

  1. finchè trovi sempre alberghi o stanze fai una vacanza di lusso...dormi in strada...o casolari abbandonati...la notte il terrore e di casa nella mente ma la stanchezza fa dimenticare il tutto. Ma tu non fai giri fuori Italia?

    RispondiElimina
  2. Certo. Ma sono esperienze diverse. Ti invito a condividere la tua in rete e se lo hai gia' fatto a segnalarmi il link :)

    RispondiElimina
  3. Quando ho tempo...poco...sono un girovago della rete nelle mie giornate libero dal lavoro. Faccio parte di un progetto di divulgazione della musica nei paesi meno fortunati del nostro...ma ci arriveremo. Vivo lontano dalla città in una villa nel bosco...qui, nella solitudine del silenzio, raccolgo tutte le mie idee...da donare a quelli meno fortunati di noi. Il tuo lavoro e ricercatrice bio? Una domanda. Ma pensi che tutto bio faccia veramente bene? Mi chiamo Adam come un famoso musicista.

    RispondiElimina