Le chiare dolci acque cascanti, che hanno rinfrescato la mia sosta-merenda: la cascata di Isola del Liri |

Roma era alle spalle e Putignano era ancora una meta talmente lontana che tutti i bookmakers pronosticavano un finale alla chetichella con arrivo su rotaie. Io stessa del resto consideravo la meta finale poco più che un pretesto per andare. Dopo la prima tappa a Fiuggi, la seconda si concluse nella accogliente Atina, evocata in leggero anticipo grazie a una T-shirt. Ma, riprendendo il percorso dove lo avevamo interrotto, nel secondo giorno di viaggio un bel pezzo della provincia di Frosinone si dispiegò sotto le mie gomme, sorprendendomi da un lato con la gustosità delle sue salite e dall'altro con l'abbondanza delle chiare, fresche e dolci acque, che si allargano in romantici specchi d'acqua e girato l'angolo capita pure di vederle cascare in pieno centro urbano.
Sulle salite non vorrei calcare troppo la mano, perché anche limitandomi ad un accenno temo ne venga fuori solo una autocompiaciuta dichiarazione d'amore. Basta dare un'occhiata alla mappa per capire che me le sono andate a cercare. E poi, fino al valico dell'Appennino, c'è sempre tempo per parlare di lingue penzolanti e sudore che supera la diga delle sopracciglia e piove negli occhi. Telegraficamente direi che, grazie al taglio del carico fatto a Fiuggi, conclusosi con la bottiglietta di alcool etilico sbolognata ad Agnese e Sina mentre con gli occhi lucidi agitavano le manine per aria, non temevo più ostacoli, anzi potevo godermi le amate scalate, col relativo premio di panorami ariosi e variopinti. Così feci allegramente la salita per Alatri e, dopo la discesa, all'altezza della località La Magione svoltai a sinistra per salire a Veroli: una strada che la mappa segna con pendenze inferiori al 7% e che, in effetti, è pedalabile e molto panoramica e, soprattutto, sembra non finire mai. Porta sopra Veroli, direttamente al cimitero, approdo perfetto se solo avessi avuto il carico del giorno prima. A pochi metri dall'inizio della discesa feci una rapida sosta presso un ambito fontanile, per rinfrescarmi abbondantemente, sia fuori, che dentro. Mi sentii istantaneamente rinvigorita e di certo non potevo sospettare, andando verso le ore calde, che il vero "fresco" doveva ancora venire.
Finita la discesa, presi in direzione di Sora una strada secondaria che segue il percorso della SS 214 e, passando il ponte sul fiume Amaseno, l'Abbazia di Casamari, Porrino e Castelliri, porta a Isola del Liri. Mentre attraversavo il centro di Isola, seguendo le indicazioni per Sora, mi figuravo di trovarmi in una tranquilla località come tante e invece, dopo una serie di incroci, semafori, strade e normali palazzi, ad un certo punto, un brusco inatteso calo di temperatura di svariati gradi mi strappò di bocca il "uaooo" più sonoro dell'intero viaggio: mi trovai di fronte a una cascata cittadina, senza parole per la bellezza dello spettacolo e per la frescura dell'aria tutt'attorno. Non mi sarei mai aspettata nulla del genere e benedissi la scelta di boicottare le guide turistiche e lasciarmi sorprendere dal caso e dal momento. Ero per giunta in perfetto orario per fare merenda! Mentre sbucciavo la mela, ne approfittai per scambiare quattro chiacchiere con un gentile pensionato in bici, che mi parlò del suo paese e di quello che gli avrebbe cucinato la moglie per pranzo. Quando mi sentii totalmente appagata, ripartii alla volta di Sora. Calcolai che avrei potuto arrivare a Sora e anche superarla, prima di trovare un riparo dalla calura delle ore di punta, dove gustare il pranzo e il riposo.
Quando fui alle porte di Sora, comprai un melone e, poco più avanti, per farmi indicare la strada meno trafficata per arrivare a Cassino, lasciai come stoccafissi una manciata di poliziotti della Stradale, che, riavutisi dallo shock ("Vai in Puglia?), fecero a spintoni per stringermi la mano ("Complimenti!"), non so se per incoraggiamento, per comunicarmi ammirazione, o per testare che fossi fatta di carne come loro. Portai con me questo dilemma sulla verde e dolcemente ondulata strada per Cassino.
La mappa mi assicurava che sarei passata vicinissima al Lago del Fibreno, che conoscevo solo di fama, dai tempi delle frequentazioni del laboratorio di Ecologia delle Acque Interne del mitico prof. Giancarlo Gibertini. Il lago dà il nome e l'habitat all'unica popolazione vivente di una specie ittica endemica ad alto rischio di estizione: il Carpione del Fibreno (Salmo fibreni). Quale posto migliore per fare sosta delle sponde lambite dalle limpide acque che sole permettono l'esistenza di questo sensibile pesciolino, pensavo. Il pic-nic fu non solo piacevole, ma anche decisivo per le successive sorti del viaggio. In quel posto semideserto, infatti, approdò, poco dopo me, una simpatica coppia di motociclisti, anche loro in visita per la prima volta al lago: Vincenzo e Paola. Sannita lui e romana lei. Insomma una coppia che mi figurai non avesse scampo dalla canzonatura di amici e parenti, con ogni loro incontro erotico che assurge a rito, celebrazione da talamo dell'atavica umiliazione dei romani da parte dei sanniti. Che l'orgoglio delle Forche Caudine centrasse o meno nella sua scelta di prendere donna e domicilio romani, Vincenzo, mi parlò in modo talmente invitante della sua Benevento, che decisi, senza esitazioni, che vi avrei in qualche modo fatto tappa.
Galvanizzata dalla prospettiva di vedere Benevento e di tutte le sorprese che mi aspettavano semplicemente andando avanti, lasciai senza rimpianti la morbida piazzola, su cui avevo impresso la mia sagoma stravaccata, durante il pisolino all'ombra dei salici. Salutai i compagni di chiacchiera, lasciai una pipì nel bagno di un bar fermo agli anni '80, dove era davvero troppo pretendere che vendessero succo di mirtillo, quindi mi accontentai di un succo d'ananas, e ritornai sotto i raggi del sole verso le 15 e 30, diretta alla volta di Cassino. Avvenne, poco prima di ricollegarmi al punto che conosciamo, in cui avrei designato Atina come arrivo della seconda tappa, che un centauro stagionato, che nel '69 forse non avrebbe sfigurato nella versione ciociara di Easy Rider, ma che di sicuro oggi non nascondeva inequivocabili segni di deterioramento, si affiancò a dieci all'ora, tronfio come un piccione in calore e tentò di rimorchiarmi, con questi risultati:
"Posso accompagnarti per un po'?"
"A dire il vero mi inquini l'aria"
"Come?"
"Non respiro con questa puzza"
"Ah. Ok. Allora ciao"
"Ciao" (Pussa via!)
Finita la discesa, presi in direzione di Sora una strada secondaria che segue il percorso della SS 214 e, passando il ponte sul fiume Amaseno, l'Abbazia di Casamari, Porrino e Castelliri, porta a Isola del Liri. Mentre attraversavo il centro di Isola, seguendo le indicazioni per Sora, mi figuravo di trovarmi in una tranquilla località come tante e invece, dopo una serie di incroci, semafori, strade e normali palazzi, ad un certo punto, un brusco inatteso calo di temperatura di svariati gradi mi strappò di bocca il "uaooo" più sonoro dell'intero viaggio: mi trovai di fronte a una cascata cittadina, senza parole per la bellezza dello spettacolo e per la frescura dell'aria tutt'attorno. Non mi sarei mai aspettata nulla del genere e benedissi la scelta di boicottare le guide turistiche e lasciarmi sorprendere dal caso e dal momento. Ero per giunta in perfetto orario per fare merenda! Mentre sbucciavo la mela, ne approfittai per scambiare quattro chiacchiere con un gentile pensionato in bici, che mi parlò del suo paese e di quello che gli avrebbe cucinato la moglie per pranzo. Quando mi sentii totalmente appagata, ripartii alla volta di Sora. Calcolai che avrei potuto arrivare a Sora e anche superarla, prima di trovare un riparo dalla calura delle ore di punta, dove gustare il pranzo e il riposo.
Quando fui alle porte di Sora, comprai un melone e, poco più avanti, per farmi indicare la strada meno trafficata per arrivare a Cassino, lasciai come stoccafissi una manciata di poliziotti della Stradale, che, riavutisi dallo shock ("Vai in Puglia?), fecero a spintoni per stringermi la mano ("Complimenti!"), non so se per incoraggiamento, per comunicarmi ammirazione, o per testare che fossi fatta di carne come loro. Portai con me questo dilemma sulla verde e dolcemente ondulata strada per Cassino.
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La sosta-pranzo più fresca e scenografica del viaggio: il Lago del Fibreno |
La mappa mi assicurava che sarei passata vicinissima al Lago del Fibreno, che conoscevo solo di fama, dai tempi delle frequentazioni del laboratorio di Ecologia delle Acque Interne del mitico prof. Giancarlo Gibertini. Il lago dà il nome e l'habitat all'unica popolazione vivente di una specie ittica endemica ad alto rischio di estizione: il Carpione del Fibreno (Salmo fibreni). Quale posto migliore per fare sosta delle sponde lambite dalle limpide acque che sole permettono l'esistenza di questo sensibile pesciolino, pensavo. Il pic-nic fu non solo piacevole, ma anche decisivo per le successive sorti del viaggio. In quel posto semideserto, infatti, approdò, poco dopo me, una simpatica coppia di motociclisti, anche loro in visita per la prima volta al lago: Vincenzo e Paola. Sannita lui e romana lei. Insomma una coppia che mi figurai non avesse scampo dalla canzonatura di amici e parenti, con ogni loro incontro erotico che assurge a rito, celebrazione da talamo dell'atavica umiliazione dei romani da parte dei sanniti. Che l'orgoglio delle Forche Caudine centrasse o meno nella sua scelta di prendere donna e domicilio romani, Vincenzo, mi parlò in modo talmente invitante della sua Benevento, che decisi, senza esitazioni, che vi avrei in qualche modo fatto tappa.
Galvanizzata dalla prospettiva di vedere Benevento e di tutte le sorprese che mi aspettavano semplicemente andando avanti, lasciai senza rimpianti la morbida piazzola, su cui avevo impresso la mia sagoma stravaccata, durante il pisolino all'ombra dei salici. Salutai i compagni di chiacchiera, lasciai una pipì nel bagno di un bar fermo agli anni '80, dove era davvero troppo pretendere che vendessero succo di mirtillo, quindi mi accontentai di un succo d'ananas, e ritornai sotto i raggi del sole verso le 15 e 30, diretta alla volta di Cassino. Avvenne, poco prima di ricollegarmi al punto che conosciamo, in cui avrei designato Atina come arrivo della seconda tappa, che un centauro stagionato, che nel '69 forse non avrebbe sfigurato nella versione ciociara di Easy Rider, ma che di sicuro oggi non nascondeva inequivocabili segni di deterioramento, si affiancò a dieci all'ora, tronfio come un piccione in calore e tentò di rimorchiarmi, con questi risultati:
"Posso accompagnarti per un po'?"
"A dire il vero mi inquini l'aria"
"Come?"
"Non respiro con questa puzza"
"Ah. Ok. Allora ciao"
"Ciao" (Pussa via!)
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Seconda tappa Fiuggi-Atina |
Data: 17/07/2010Tappa 2a: Fiuggi - AtinaKm percorsi: 85,65Ora partenza/arrivo: 6:50 / 17:50Budget: € 32.50Itinerario: Alatri– Veroli – Isola del Liri – Sora – Lago del Fibreno – Atina
Divertente l'incontro con il centauro stagionato,come altrettanto suggestiva è stata la descrizione della cascata di Isola del Liri
RispondiEliminaForse, magari, ti sarà capitato di provare qualcosa del genere. Mi riferisco alla cascata... Certo è sempre più difficile di questi tempi, nell'era del disincanto. Siamo tutti sempre cosi' informati e preparati su tutto che raramente si sperimenta la vera sorpresa, l'impatto con ciò che non ti aspetti. Fa paura?
RispondiEliminaAl contrario le sorprese e le casualità in alcune situazioni mi affascinano aggiungono un qualcosa in più alla prevedibilità in cui molto spesso ci adagiamo forse per pigrizia o per routine
RispondiEliminaNe avevo sentito parlare della cascata ma mai vista. Proprio un incanto. Da farci una gita e chissa' magari si rincontra il centauro che nel frattempo avra' fatto il restyling visto che si sara' depresso per come l'hai allontanato. E pensare che lui si sentiva cosi'fico. Si era comprato la moto oltre che per il piacere di andare a zonzo, anche perche' gli avevano detto che alle donne l'uomo macho in moto piace molto. Mi sa' che dopo l'ha venduta e si comprato la panda. Tetraus
RispondiEliminaQuello che posso dirti è che la scena sarebbe stata la stessa anche con Tom Cruise in sella a una Ducati. E' la modalità che è sbagliata: i veicoli a motore oggettivamente puzzano e ostacolano la conversazione. O la becchi da ferma, la ciclista, o ti metti sui pedali tu. Così si comincia a ragionare, non credi?
RispondiEliminaok se lodici tu. Lo chiamo e gli dico che la prossima volta ti deve aspettare alla panchina della piazza del paese successivo. tetraus
RispondiEliminaAddirittura! Certo, se mi diventi cosi' tagliente cosa posso rispondere?
RispondiEliminaIl centauro ha lasciato una dichiarazione alla stampa in cui dichiara:
RispondiElimina"Non lascerò mai la mia moto era il mio sogno fin da ragazzino da quando ho visto il film Easy Reader,dopo anni di lavoro finalmente da pensionato ho tutto il tempo per scorazzare con il mio motore e non intendo cambiare stile di vita,specialmente ora che ho trovato la mia anima gemella anche lei in pensione e motociclista incallita" fine dichiarazione.
Che bello! Mi piacciono i lieto fine, mi fanno sorridere. Pare che sorridere allunghi la vita!
RispondiEliminaGuardate al link: http://www.ted.com/talks/ron_gutman_the_hidden_power_of_smiling.html
E anche se non la allungasse la rende comunque più bella!
una volta ti ho detto che volevo essere il tuo alter ego. Non ho cambiato idea
RispondiEliminaL'ego sorride fiero e ringrazia del complimento.
RispondiEliminaMa come non rabbrividire pensando che quell'ego, dannato, cambia idea come un serpente la pelle? Di recente, una nuova muta: non riesco più a credere in nulla in cui credevo anche solo due anni fa.
Fammi sapere se decidi di venderla un po' di quella costanza.