Quanto ci appartengono le ossa di animali non solo morti ma estinti? |
Un fiume - potente architetto del paesaggio - le prende, le trasporta, le accumula, quasi le crea, le scolpisce con le sue correnti, le protegge nel suo fango, oppure le cattura mortifero intrappolando nelle sabbie pesanti animali ancora vivi e poi le conserva con la propria fine, quando viene colmato dalle terre alla fine del suo ciclo, e le consegna al futuro.
Cosa avrà provato il contadino che arando un campo le ha scoperte per primo? Quale meraviglia? Quale orrore? Cosa provano gli scienziati? Cosa vogliono scoprire, scoprendo? Quanto ci appartengono un mucchio di ossa di animali morti ed estinti? Non ci bastano le nostre di ossa dolenti? Perché conservarle? Cosa ci insegnano? Cosa sono per noi?
Da scultore posso dare solo dei riferimenti o creare delle analogie inerenti questi scavi,
RispondiEliminaprenderei come esempio i lavori dello scultore Francesco Somaini,in alcune sue opere l’analisi concettuale conduce all’ideazione di una “traccia” a bassorilievo, ottenuta mediante il rotolamento di una “matrice” scolpita che, lasciando un’impronta in divenire, sviluppa e rivela un’immagine da decifrare in negativo. Matrici e tracce introducono un'idea di una dinamicità,di un percorso.
ll significato che vorrei cercare di trasmettere
riguarda proprio questo,ogni traccia lasciata, naturalmente creatasi non ha paragoni,un assemblarsi un insieme di elementi crea nuovi riferimenti da cui poter prendere spunto per il futuro
In effetti avevo dimenticato di chiedermi "Cosa prova l'artista?" e di afferrare l'importanza di queste "sculture naturali" come fertile fonte di ispirazione per la creazione artistica. Grazie Maurizio
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