...affacciarsi, imporsi, rubare tempo al resto, realizzarsi, farsi racconto, trovare un confronto, maturare, riprodursi come conigli, o essere accantonate, farsi da parte, fare posto a nuove idee in attesa di...

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sabato 28 giugno 2014

A' romana chiama zio nico 2. Qualcuno c'e'!

La tecnologia sfuma i confini tra vita e morte.

In vita grazie alla macchina cuore-polmoni, cristallizzato in una forma che e’ difficile capire.

Vivo, in qualche modo, nel grande utero della terapia intensiva.

Non puo' tornare indietro, ma forse puo' rinascere.

venerdì 27 giugno 2014

A' romana chiama zio nico 1. C'è nessuno?

L'altra mattina, mamma mi chiama prima del solito. Ha appena saputo.

"Franci, zio Nico e' in ospedale a Bari."
"Come?"
"Pare che abbia fatto un intervento..."
"Cosa?"
"... e non e' andato bene, e' ... preoccupante..."
"Mamma no... oddio no...non e' possibile..."
"Ti chiamo appena so qualcosa"
 
Zio Nico.

Entro così in questa storia dolorosa.

Un intervento programmato al cuore, alla clinica Mater Dei, un paio di settimane fa', fatto nel massimo del riserbo. Ma qualcosa e' andato storto. Dopo l'impianto di una valvola artificiale al posto della mitrale, il cuore non e' piu' ripartito. Dal momento in cui l'hanno fermato per fare l'intervento, il cuore non e' piu' ripartito. La macchina cuore-polmoni lo tiene in vita, costantemente sedato, per proteggerlo da possibili danni cerebrali e sofferenze. Intanto si cerca un cuore compatibile per il trapianto e si organizza il trasferimento al Policlinico. Ma le notizie che arrivano a trasferimento fatto continuano a non essere buone: fuori dalla lista trapianti, i reni non funzionano bene. Tenteranno di rimetterlo a posto. Intanto il suo cuore non batte piu' da giorni.

Mi sveglio di notte e il pensiero che sia gia' morto mi impedisce di riaddormentarmi.

Chi c'e' attaccato alla macchina?

mercoledì 18 luglio 2012

Appunti di una coesistenza sovversiva 5. Radici


κῦμα, κῦμαατος by Bio
Le radici etimoligiche del mio essere "incinta" sono una piccola rivelazione che, potenza delle parole, mi aiuta a farmi una ragione della non facile metaforfosi che sta interesando il mio corpo. Per scoprirle bisogna scavalcare il latino medievale ed andare a recuperare la tradizione classica.

Il latino medievale ha modificato il vocabolo classico "in-ciente" (da inciens, incientis) facendolo diventare "in-cincta", una parola diversa ma assonante e vicina all'usanza popolare delle donne gravide di girare "senza cintura". Ma, per quanto mi riguarda, a quasi sette mesi suonati di gravidanza, non sono più "in-cincta" di quanto non lo fossi prima o di quanto comunque non lo sarei anche senza l'esserino che ho nel ventre: non uso mai le cinture, orpelli inutili per chi come me è fornito di fianchi. Invece sono decisamente "inciènte" ovvero "gonfia".

Tutte le sere quando torno a casa, per non parlare del venerdì, sono decisamente e definitivamente gonfia, le caviglie a zampogna o a tronco a ricordarmi non lontane radici biologiche (la buon'anima di nonna Vittoria).

La parola latina inciens deriva dalla radice greca "ky" che, tanto per fare un esempio, nella stessa parola può indicare, in un meraviglioso parallelismo naturalistico, sia il gonfiore delle acque marine sia quello delle infiorescenze vegetali sia quello del ventre di una donna (la parola è "ky-ma" e significa innanzitutto "onda", ma anche "cima, germe, germoglio, embrione").
La radice greca ky deriva a sua volta dalla radice sanscrita çû / çva che si ritrova in vocaboli come çû-nas “gonfiato” e çvàyâmi “divengo timido, cresco”.

Insomma, recuperata la poesia del mio (altrimenti ridicolo se non deprimente) stato di gonfiore grazie a una semplice indagine etimologica, mi dipingo nella mente ardite composizioni di onde marine, cime di rapa e ventri pregni, mentre pazientemente eseguo i gesti meticolosi della mia nuova routine serale: pediluvio gelido, gambe per aria e passeggatina pre-nanna. Aspettando con gioia che il germoglio fuoriesca.

martedì 26 giugno 2012

Appunti di una coesistenza sovversiva 4. Isteria gestazionale

Fonte: Google immagini

Ore 9:33; quasi 30 gradi all’ombra. Dopo più di un’ora e mezza di viaggio casa-ospedale, di cui un’ora e venti solo tra attesa e viaggio sul 791 - che, da quando si è aperta l'ennesima voragine nell’asfalto capitolino, devia il percorso abbinandoci il giro della Sardegna - dopo la ricerca del padiglione del centro prelievi e il pagamento del ticket, sono approdata fiduciosa davanti alla porta automatica della sala C ed un istante dopo davanti a quello che sembrava il comico Maurizio Battista vestito da addetto prelievi. Ma lui guardando la mia ricetta ha commentato, senza farmi ridere:

Se c’è la curva glicemica non possiamo più farla…ah ecco infatti c'è…no, non si può più fare, ormai è tardi, torni domani entro le 7:30 , perché alle 10 chiudiamo”.

Cheeee?! - ho pensato - Tornare domaniii?! "Scusi, ma potevate dirlo a telefono e poi non è che abito dietro l'angolo! Non mi faccia tornare, non può fare uno strappo alla regola?" con tutto quello che mi è costato arrivare fin qui, senza avere la minima voglia di venirci! E al suo "Impossibile" lacrime represse di rabbia hanno inondato i lobi frontali della corteccia mentre dalla bocca trovavano libero sfogo parole di cui mi pentivo già mentre uscivano "Allora al diavolo la curva, non la faccio per niente, me ne frego, non mi serve a un cavolo". Ma potrei anche aver detto "cazzo".

Quello ha cominciato a scribacchiare qualcosa sulle ricette, con una calma vergognosa, come a dire “Faccia lei, per me che cambia?” Ma per fortuna ho trovato il modo di arginare la piena dell'ira e di fare dietro front prima che fosse troppo tardi. Ho ripreso bruscamente indietro le mie ricette, ho borbottato qualcosa come "sono digiuna" e “torno domani”, ho girato i tacchi e sono tornata nell'abbraccio dei 35 all'ombra col mio bel nulla-di-fatto tra le dita ed un iceberg di malumore e rabbia inespressi nel cervello. Sono già stanca, ho pensato, ed ho pianto.

Eh così ho ripreso il 791, non in direzione di casa come avrei preferito, ma verso l'ufficio, cercando di asciugare gli occhi e le connessioni col fon del raziocinio: in fondo non è che un piccolo rinvio... sono cose che capitano... già...

Ancora col magone ho chiamato mamma, che candidamente mi ha consigliato di non andare affatto a lavoro se mi sentivo stanca. Fosse così semplice... Allora ho addentato un biscotto. Bingo! Al secondo biscotto respiravo normalmente e raggiungevo un nodo centrale: perché le analisi le faccio sempre con la stessa predisposizione con cui farei un favore al mio acerrimo nemico? Perché non riesco a vederle come un modo coscenzioso di prendermi cura della mia piccola, controllando quel che è giusto controllare per scongiurare grossi rischi? Le vedo come un'ulteriore complicazione del mio già intricato tempo "occupato" ed un'inutile perdita di tempo per una persona sana quale mi vanto di essere e per finire un modo per accontentare chi prudentemente le ritiene importanti.

Che sia utile o meno fare controlli, di certo non fanno male, almeno finché non perdo la calma... Allora dovrò ricordarmi di contare fino a duecento per non perdere la calma. E domani vediamo se riesce a farmi ridere il sosia di Maurizio Battista.

domenica 17 giugno 2012

Appunti di una coesistenza sovversiva 3. Prime frontiere

Fonte: Google immagini

Ce l'ha fatta: oggi ha incontrato i morbidi confini del suo mondo sommerso e iniziato a giocarci contro, spingendo di qua e forzando di là, rompendo la rotondità fino a ieri immobile e riservata della pancia. Ora increduli occhi al di qua della superficie possono seguire le piccole onde pazze delle sue prime eplorazioni di un confine cedevole che promette un giorno di aprirsi su spazi sconosciuti.

giovedì 7 giugno 2012

Scivoloni dei nostri tempi


Attrazioni all'ultimo grido per i bimbi della periferia di Roma. Foto by Bio