...affacciarsi, imporsi, rubare tempo al resto, realizzarsi, farsi racconto, trovare un confronto, maturare, riprodursi come conigli, o essere accantonate, farsi da parte, fare posto a nuove idee in attesa di...

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domenica 27 marzo 2011

4. Roma-Putignano in bici. Il gregario

Senza averlo previsto, la partenza si era inaugurata all'insegna del tema: "Come pretendere il massimo da un portapacchi da 10 euro". C'erano le premesse per uno svolgimento stringato, con finale del tipo "dietro-front per cedimento alla prima buca sul cavalcavia del Grande Raccordo Anulare". Ma non era escluso uno sviluppo più articolato, in stile Disney, con l'arrivo ad Arce (Fr) secondo i piani, frizzi e lazzi a casa della mamma di Lara, mia cortese potenziale ospite, poi dopo la mezzanotte la bici che ridiventa armadio, io che non trovo più un sandalo - portato chissà dove dal cane - e l'inutile attesa di un principe che me lo riporti e voglia sposarmi. Invece, se il portapacchi avesse retto al peso, ci sarebbe stato spazio per una completa teorizzazione del Metodo Franci® per sostenere i pesi con la forza del pensiero.

Intanto per la prima tappa il portapacchi fece egregiamente il suo lavoro, senza l'accenno a un cigolìo; quanto ai suddetti piani, però, furono rispettati solo in parte e il fatto di mancare la prima tappa designata portò la realtà, almeno momentaneamente, fuori fase rispetto all'idea.



Ma procediamo con ordine, cos'e' questa accozzaglia di idee, un racconto di viaggio?

16 luglio 2010 - prima tappa

Il mio mentore Simone si era offerto di accompagnarmi ed avevo accolto con entusiasmo la prospettiva di poter partire con una specie di rodaggio "a quattro gambe" del  progetto. Avevamo appuntamento a piazza San Giovanni. Annoterei che, nonostante la falsa partenza, mi accorsi, non senza un velo di turbamento, di essere comunque arrivata con qualche minuto di anticipo. In quel momento capii che sforzarmi ogni tanto di arrivare agli appuntamenti con almeno qualche minuto di ritardo avrebbe potuto essere una valida terapia da mettere in atto, se avessi avuto occasione di riprendere la normale vita sociale.

Pessimista? No, le partenze non sono mai momenti facili, alcune lo sono meno di altre. Ma c'era Simone con me, o almeno avrebbe dovuto esserci; in effetti non c'era ancora alle 7:30. Approfittai dell'attesa per chiamare mio padre e rassicurarlo sul fatto che, a parte un piccolo intoppo con i bagagli, frutto dell'inesperienza, la giornata si prospettava ideale per pedalare, la temperatura gradevole, il vento debole; a una media oraria di 20 km/h sarei arrivata ad Arce in tempo per la cena. "Mi raccomando..."

Quando arrivò Simone, il suo sguardo sempre sorridente, scivolando dalla mia faccia alla mia bici, si fece vitreo. "Ma no, Simo, vedrai che andrà tutto bene". Lo aiutai a liquidare la faccenda come l'esordio insperatamente comico di un'impresa da raccontare ai nipoti: "La nonna a quei  tempi era una vera dilettante, certa di aver portato giusto lo stretto indispensabile e resasi conto troppo tardi di non saper rinunciare a troppe cose". Forse in quell'occhio da branzino era passato in anteprima il film delle ore non facili che ci aspettavano nel tratto pedemontano dei monti Prenestini col sole a picco, chi può dirlo. Ma il fatto che le parole fossero divenute a un certo punto superflue e la partenza non ammettesse ulteriori dilazioni - che intorno alle 7:45 si percepiva appena come un odore nell'aria - verso le 8 era diventato sonoro quanto il rombo di una Ferrari ai nastri di partenza. Pronti? Via!

Via Prenestina, sempre dritti. Addio Roma, addio sanpietrini, aria pesante, semafori rossi, palazzoni bigi, capannoni turpi, magazzini invadenti, insegne sfacciate, sfasci, discariche, posti dimenticati, squallidume delle periferie. Roma è altrettanto brutta fuori quanto è bella in centro, anzi lo è di più. Non le sappiamo più fare le città, non c'è più regola, misura, gusto, sguardo d'insieme. Allora a mai più rivederci, spero. Incontrerò un cicloturista tedesco, bello come il sole e...

... e non riuscirò a stargli dietro. Anche il povero Simone, se provava a mollare i freni un secondo, mi perdeva di vista. Credeva di essere uscito per una pedalata e invece gli era toccato in sorte ben altro. "Ok, vai avanti tu e fai l'andatura".  Giunsero alle mie orecchie, salutate dal suono delle campane, la presa di coscienza e l'accettazione del ruolo di gregario al quale - suo malgrado forse - la realtà lo avevo destinato. Ma seppe essere il miglior gregario che la storia del cicloturismo abbia mai avuto: sempre sorridente, ovvio; pronto a darmi spago se volevo chiacchierare e a riempire i silenzi delle salite con un sottofondo musicale; pronto a fare pausa-merenda al bivio di Paliano, senza preoccuparsi che lo scenario fosse sufficientemente panoramico; in grado di rimediare ad ogni minimo intoppo si fosse presentato per via; sempre sorridente, ah, l'ho già detto. Pedalammo lungo i resti della vecchia ferrovia, l'antico tracciato battuto dai pellegrini della via Francigena.

Dopo le 12:30 si verificò una congiuntura curiosa: il caldo e la strada sembravano essersi accordati per fare a gara a chi saliva di più; a partire da Serrone soprattutto. Così un semplice momento di fresco ristoro dalla calura presso un insperato fontanile tra Piglio e Acuto è entrato a pieno titolo nel novero delle esperienze più appaganti di tutta la mia vita. Si fecero le 13 pedalando. Di forte ero forte, ma fino a un certo punto. Intorno alle 14, sulla salita per Acuto, eravamo - plurale maiestatis - messi proprio male: si procedeva con una sosta ogni 10 metri, i pedali sempre più pesanti e l'aria sempre più rovente, pelle, capelli e vestiti nuovamente disidratati e nemmeno una robinia a bordo strada per ripararsi un secondo. Ma come?! Crescono ovunque! Fu a quel punto che il mio gregario mostrò di che pasta era fatto: rischiando di ferire profondamente il mio orgoglio, approfittò dell'attimo in cui mi ero spalmata lunga morta sull'asfalto per prendere in pugno la situazione, smontare più della metà del mio carico dalla bici e rimontarlo di sana pianta sulla sua. Un eroe.


Da quel momento in avanti, alleviata di 30 chili, tutto il resto fu in discesa: il pranzo nel giardinetto pubblico alle porte di Acuto fatto più per alleggerire ulteriormante le borse che per la fame, azzerata dallo sforzo fisico; la pennichella sotto il pino conciliata dalle cifre sull'impatto ambientale dell'industria dei pneumatici, o qualcosa del genere, che il mio gregario si premurava di leggermi ad alta voce; il gelato nell'unica gelateria del paese; il discesone all'ombra dei castagneti di Fiuggi; persino i 30 metri di arrampicata con bici a mano nel centro storico di Fiuggi furono relativamente in discesa. E la ridente cittadina termale divenne la meta designata dal fato della mia prima notte di viaggio. Già essere arrivata viva da qualche parte era un bel risultato; non ci restava che cercare un posto per me dove dormire e informazioni per il mio gregario sulla strada più rapida per raggiungere la stazione ferroviaria di Anagni e prendere il primo treno per Roma. Lungo il bordo di un marciapiede ci imbattemmo nell'incontro misterioso e provvidenziale che avrebbe risolto in un colpo solo entrambi i problemi.


2 commenti:

  1. Ma come fa Simone - Il Gregario ad essere sempre sorridente? che si fuma? Vogliamo il segreto :-)

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  2. Sicuramente è stato importante avere un gregario nella prima parte del tuo viaggio,ti ha aiutato a superare i primi problemi,ma la strada è ancora lunga.

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