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domenica 13 marzo 2011

2. Roma-Putignano in bici. Ingredienti base

Una avventura richiede alcuni ingredienti irrinunciabili:
- 1 idea fattibile ma che abbia un non so ché di grandioso, di extra-ordinario;
- 1 buona dose di improvvisazione;
- 1 pizzico di follia;
- sale in zucca q.b. per non arenarsi già dal primo giorno.

Li avevo proprio tutti?

L'idea nel mio caso era davvero semplice e, almeno in teoria, priva di ostacoli insormontabili: avevo una bici; due gambe; resti di polmone non del tutto avariati causa smog; una soap-opera che non si decideva a finire da cui tirarmi fuori; l'esaltante disponibilità di tempo da neo-disoccupata e la voglia di investirla in un'impresa leggermente al di sopra del quotidiano avvicendarsi dei processi digestivi e delle fasi di sonno e veglia. Il tutto, decisi, poteva tornarmi utile per ottenere uno spostamento netto di neuroni e cellule al seguito dalla scatola urbana al vasto mondo. Un'idea elementare, eppure sovravvalutata di questi tempi. Le strette di mano che avrei raccolto lungo il viaggio mi avrebbero confermato infatti che oggi, a differenza di qualche decennio fa in cui la bicicletta era (dopo i piedi) il principale mezzo di trasporto di una vita, uno spostamento in bici di pochi giorni arriva ad assumere agli occhi del teleitaliano medio sfumature eroiche.

Quanto alla strada da fare - quanta e quale - decisi di lasciare quasi tutto all'improvvisazione, visto che non avevo un'idea chiara su quale fosse il percorso ottimale da fare in bici, né di quanti chilometri sarei stata in grado di macinare giorno dopo giorno. Mi ero limitata a darmi una direttrice - la via più breve, che attraversa per largo la penisola - e un metodo - chi va piano, va sano e va lontano; il resto  avrei avuto tempo e modo di affrontarlo un po' per volta, carta alla mano e - mi auguravo - potendo contare su un affidabile sistema di navigazione satellitare ante litteram: i consigli della gente del posto.


Per Lazio, Basilicata e Puglia, a dire il vero, viaggiando con lo sguardo sulla carta, ero riuscita ad imbastire delle ipotesi di percorso, utili per premunirmi con alcuni numeri di telefono di agriturismo e B&B. La Campania, invece, si preannunciava come il vero ostacolo da superare non solo nel senso fisico del termine - lo spettro del valico appennninico - ma anche perché non sapevo come risolverla: più guardavo la carta e più il livello di incastro della toponomastica nell'area che cadeva lungo la mia direttrice mi ricordava un cruciverba in un labirinto: due giochi enigmistici in uno. Per gli appassionati insomma, non certo per me.

Se la Campania era il grosso buco nero nel mio luminoso progetto, un pizzico di follia - potente eliminatore di freni inibitori - mi avrebbe aiutata a tuffarmici dentro. Chi mi conosce sa che non ne sono affatto carente. Il problema era un altro: avrei dimostrato di avere abbastanza sale in zucca da portare a termine l'impresa?

3 commenti:

  1. aggiungerei agli ingredienti la capatosta

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  2. Grazie, Maurizio, un dettaglio per nulla trascurabile che chissà perché mi era sfuggito...

    Chi non è barese trova indispensabili chiarimenti al link http://it.wikipedia.org/wiki/Utente:Capatosta

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  3. la capatosta rientra nel briciolo di follia, anche se, più che un briciolo, è una voragine. In senso positivo, ovviamente.

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